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EmDrive, una nuova speranza per i viaggi spaziali

La comunità scientifica è divisa sul fatto che possa funzionare o meno: in effetti è un motore che non rispetta la terza legge della dinamica, ma secondo alcune teorie della meccanica quantistica la sua storia potrebbe ancora avere un seguito. Stiamo parlando di EmDrive, un motore per i viaggi spaziali che la NASA sta sviluppando e che è stato definito impossibile a causa del suo funzionamento non convenzionale.

Come funziona

Senza entrare troppo nel dettaglio, i razzi tradizionali sfruttano la rapida ed energetica espansione di gas per generare la spinta che consente loro di muoversi. I gas vengono poi espulsi attraverso apposite cavità e generando quella reazione spiegata proprio dalla terza legge della dinamica, ossia ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e opposta. Nel caso di EmDrive, al contrario, non si espelle nulla: essenzialmente, provoca delle onde elettromagnetiche che rimbalzano contro le pareti del motore stesso; anche se la luce non possiede massa, possiede comunque un momento, come una trottola o una leva, e come tale può cederlo.
La questione non finisce qui: dal punto di vista dinamico, sarebbe come cercare di far muovere una barca soffiando contro la vela, ma secondo teorie un po’ complicate e contorte, il fenomeno si potrebbe spiegare attraverso la fisica quantistica.

Da quando l’idea è stata proposta, ovvero nel 1999 dall’inventore inglese Roger Shawyer, sempre più scienziati e gruppi di ricerca si sono interessati, anche in Cina. L’anno scorso la NASA ha deciso di puntare su EmDrive come possibile alternativa per i suoi viaggi spaziali, visti gli enormi vantaggi che garantirebbe.
I motori a effetto Hall sprigionano circa 60 millinewton per chilowatt e sono considerati tra i più potenti; EmDrive, secondo i diversi esperimenti effettuati sui prototipi, produrrebbe 1.2 millinewton per chilowatt, appena un ordine di grandezza in meno. Chiaramente, anche se relativamente meno potente, rispetto ai propulsori a effetto Hall, EmDrive permetterebbe il trasporto senza propellente, mantenendo il peso e evitando di limitare l’autonomia all’esaurimento del carburante.

Quali sono le preoccupazioni

Abbiamo detto all’inizio dell’articolo che il mondo scientifico è diviso sulla questione. Secondo alcuni esperti dell’Università di Roma, ma non solo loro, il progetto sarebbe appunto inattuabile; Guido Martinelli spiega: “Le conclusioni fanno appello in maniera vaga e inconcludente a teorie discreditate e comunque non forniscono alcuna spiegazione scientifica del fenomeno osservato, neppure all’interno di tali teorie“. Secondo Giorgio Parisi, sempre dell’Università di Roma, i risultati ottenuti non sono altro che “errori di misura o un effetto noto trascurato”.
Per concludere, EmDrive potrebbe risultare un’inutile scatola i cui risultati non sono altro che errori di misurazione o interferenze da parte di fenomeni secondari trascurati oppure un potenziale ed innovativo mezzo di spostamento per i viaggi nello spazio. Certo è che la NASA ha deciso di investirci tempo e denaro, ma per avere tutte le risposte dovremo attendere fino a prossimi sviluppi.